Ormai scomparsa dal mondo politico contemporaneo, l’ironia è stata sopraffatta dal chiacchiericcio quotidiano e dalle basse diatribe della lotta politica.
Dovuto alla mancanza del supporto delle ideologie?
Pare che i leader di partito da un lato sembrano confidenziali tra loro, talvolta, invece, si impegnano a speronarsi in continuazione.
Le combinazioni e le alleanze mutano, vanno e vengono, a dimostrazione che l’antagonismo dell’ufficialità non evidenzia barriere insuperabili. La vanagloria e le contumelie nascondono i sorrisi. Non di più.
Mai una risata liberatrice.
È lontano ed evanescente sia il confronto pacato, sia quella distinzione politica, che colpisce senza esagerare. Sia quel prendere in giro, o colpire benevolmente senza cattiveria. Sia quell’alludere senza infierire, sia il mettere alla berlina senza insultare, sia il parlare contro senza usare un briciolo di grazia.
Lungi dal gusto della battuta, dell’argomento lieve, del motto di spirito. Manca la leggerezza dello sfottò, della spiritosaggine e dell’irriverenza.
L’ironia è latitante.
Hanno fatto la storia e hanno riempito le cronache dei quotidiani il modo come Giulio Andreotti con arguzia prendeva in giro Amintore Fanfani o Bettino Craxi.
E l’umorismo plateale di Giancarlo Pajetta?
«Una macchina arriva al numero 10 di Downing Street, si apre la portiera, non scende nessuno. È arrivato il primo ministro». Celeberrima affermazione di Winston Churchill, che in tal modo prendeva in giro il suo avversario Clement Attlee.
Non si può non citare quel “corsivo” quotidiano, da tutti letto e apprezzato, che Fortebraccio, pseudonimo del giornalista Mario Melloni, scriveva sull’Unità dell’allora PCI. Elegante scrittura. Chiarezza espositiva. Mai l’offesa. Quasi didascalico. Uno stile sobrio, contenuto, sorvegliato, accompagnato da un lessico appropriato. Ironia tagliente. Unanimemente annoverato tra i padri nobili della satira politica. Con Indro Montanelli ebbe una «lunga ma elegante polemica», che gli permise di dettare per sé un singolare epitaffio: «Qui giace Mario Melloni (alias Fortebraccio) che trascorse la vita ad amare Indro Montanelli e non smise mai di vergognarsene».